Calati dal Nord, dopo esperienze in mezza Europa e sul sentieri di Santiago di Compostella, Lara e Paolo hanno trovato “rifugio” nel Rifugio Alpino di Casa del Re. “L’avevamo immaginato come un rifugio tradizionale, una sosta, un viaggio, un panino caldo, un frutto di bosco e via per le montagne. Abbiamo trovato, invece, un luogo da animare, da contemplare, da godere nel silenzio dei monti, o, come oggi, un Appennino che è un mazzo di fiori con tutti questi colori da condividere con gli escursionisti di turno”. Si sente il calore di un lavoro che hanno costruito per anni e forse un pizzico di rammarico per gli ultimi giorni a Casa del Re, per tornare in altre strade del mondo: costruttori di relazioni, elfi del bello e del nascosto.
“In questi anni, come gestori del Rifugio e cooperatori per la valorizzazione della Riserva naturale del Sasso di Simone, abbiamo avuto per ogni stagione almeno duemila presenze ( siamo chiusi in inverno) e appassionati che ci hanno rintracciato da tutta Italia, da molti paesi europei, a cominciare dall’Olanda, dalla Danimarca, dalla Germania e dall’Inghilterra. Naturalisti, docenti universitari, famiglie e sportivi: davvero una variegata umanità, che ogni volta è esplosa di meraviglia: Posti straordinari, un cielo limpido, una vita che riconcilia l’uomo con se stesso”.
Lara e Paolo sono stati, in effetti, l’anima di una Riserva e di un territorio, che – dicono- non solo è poco conosciuto ma poco valorizzato, nonostante lo slancio della Provincia di Arezzo. Il Sasso di Simone e le sue terre colorate sono da ascrivere tra le meraviglie del mondo: abbiamo visto- dall’Asia alle Americhe- cose straordinarie ma il Sasso non sfigura”.
Forse è anche- aggiungiamo- per quel misto di bello e di calma spirituale che ispira la roccia consacrata da millenni di presenze benedettine, da “anacoreti”, da maschie fortezze e da città inanellate di miti e di speranze per l’uomo della montagna, che quando vi abitava giunse ad avervi tre chiese. Oggi una croce domina la spianata sommitale, a ricordo di una consacrazione della montagna avvenuta per l’anno giubilare del 1913. Una ricorrenza vicina, che dovrebbe far sprigionare un altro “ giubileo delle montagne” anche in questo corrusco Appennino.
“Siamo stati la guida- continua Lara- per tutto il territorio, perché da qui suggeriamo sempre di guardare a tutto tondo: scoprire la “città romana” e il suo museo, purtroppo anch’esso poco valorizzato; le chiese più defilate ma “cibori” di cultura e di arte, come Casale o Colcellalto o S.Gianni; borghi di temperie superstiti, come Monterone e Petrella; nuclei d’arte come il Centro degli affreschi di S.Donato”.
Ci ha affascinato – e con noi sono rimasti affascinati i nostri “rifugiati”- questa complessità di un territorio, defilato, purtroppo, ma anche per questo ricco di suggestioni non consumate”.
Il discorso è attuale. Inizia, infatti, un nuovo capitolo per la gestione del Rifugio e della Riserva Naturale. Sono e dovranno continuare ad essere un polmone importante per l’economia di Sestino, che ora, colpa forse anche della crisi, non sembra credere più nel turismo, né nel suo patrimonio di storia e di natura e tende a rinchiudersi in sé stesso. (Arezzonotizie)
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