Super perizia: cemento scadente, posato male e ferri non saldati. Cogeco nel mirino.
Era di venerdì quando gli operai si misero a gettare. Un venerdì di trent’anni fa, a Montedoglio. Finita la settimana di lavoro e interrotta la colata, si riprese l’opera solo il lunedì successivo. E questo non è buona cosa perché il cemento non fa corpo, non si salda. Specialmente se la gettata si fa con le temperature rigide di febbraio. Il rischio è la mancata stabilità. A svelare il particolare è il “diario” della diga, un grande libro dove sta scritta ogni cosa nella vita dell’invaso: ad esempio la costruzione del muro di sfioro (tra 1979 e 1980), oppure il disastro del 29 dicembre 2010 quando proprio quel muro di conci è venuto giù come burro in un punto, con la furia dell’acqua che poteva spazzare via le persone della Valtiberina come fossero formiche, “ma il padreterno ci mise una mano”, come dice il procuratore della Repubblica Carlo Maria Scipio. Le cause Quel venerdì di trent’anni fa, si è scoperto ora, il cemento usato per la gettata non era dei migliori, di qualità scadente, venne posizionato in due tranche con tutti i rischi del caso e, quel che è ancora peggio, i ferri dell’armatura non vennero saldati fra di loro. Il risultato di quelle omissioni, negligenze e imperizie è stato, per l’appunto, il cedimento avvenuto tre decenni dopo. Paura, 450 evacuati, danni. Un disastro colposo ancora senza responsabili. Ma gli avvisi di garanzia sono in serbo. E le prime certezze individuate dalla super perizia rappresentano il fulcro dell’inchiesta condotta dal pm Scipio e dal sostituto procuratore Roberto Rossi. Muro da rifare “Immaginate un pettine infilato nella ricotta” Usa questa semplice immagine, il pm Scipio, per far capire come a un certo punto i ferri del concio, per effetto del lavorio dell’acqua, si sono slegati dal composto cementizio. “Sono state le infiltrazioni, nessun altro agente esterno”. Un’opera eseguita male, insomma. Con “difetti nella costruzione e nella qualità dei materiali”. Il muro non poteva resistere e infatti non ha retto. “E non è escluso - scrivono i consulenti - che tali difetti possano interessare altre porzioni dell’opera di scarico superficiale”. Per questo sia i super esperti che la procura consigliano ora di rifare il manufatto del “troppo pieno” in tutta la sua lunghezza (150 metri), se si vuol restituire sicurezza alla popolazione e, un giorno, portare la diga ai 150 milioni di metri cubi di acqua di capacità (ridotti a circa 70 milioni a seguito del dissesto, ora a circa 25 milioni). Indagati Assolta con formula piena la Natura. Niente eventi sismici, terremoti. Lo certifica un luminare del calibro del professor Enzo Boschi. Colpa dell’uomo, dunque. Sì, ma di chi? “Il nostro lavoro comincia adesso”, dice Scipio, che dopo aver dato una prima risposta alle popolazioni minacciate dalla diga, cerca ora i responsabili penali del disastro. Nel mirino c’è la Cogeco, impresa che furoreggiava all’epoca negli appalti pubblici. Ma il direttore dei lavori dell’epoca, l'ingegner Scalfati, è deceduto. In vita, ma anziano, il direttore di cantiere. “Al momento non ci sono persone indagate”, dicono i due pm. Ma lasciano intendere che gli avvisi partiranno. Dal punto di vista delle responsabilità civili potrebbero essere chiamate in causa anche le imprese che hanno ereditato l’opera della diga da Cogeco, la Cogefar e la Impregilo, colosso quotato in borsa. Frugando nelle polverose carte della storia dell’invaso, sono saltate fuori anche irregolarità amministrative, da mettere a fuoco meglio. L’ex ministro Controlli, ispezioni, saggi, perché non hanno messo in allarme nessuno durante tre decenni. Si poteva prevedere il crollo? Per il procuratore Scipio è una “bella domanda” alla quale darà risposta. Tutto ancora da verificare. La diga di Montedoglio, per la cronaca, vigilava una commissione designata dallo Stato per il collaudo in corso d’opera. Presidente, l’ex ministro Giovanni Travaglini, 87 anni, tecnico e politico. Ingegnere, esponente della vecchia Dc. Come lui sono viventi altri due membri della commissione. Se hanno fatto tutto quello che era nelle loro competenze, lo sapremo più avanti. Ma l'impressione è che l'inchiesta sul disastro Montedoglio servirà più per prevenire che per condannare. (Corriere di Arezzo)
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