Arezzo, 4 gennaio 2011 - «DISASTRO colposo». E’ questa l’ipotesi di reato sulla quale la Procura della Repubblica ha fondato l’apertura dell’inchiesta sul cedimento alla diga di Montedoglio.
E’ il procuratore capo Carlo Maria Scipio il titolare dell’indagine , ampiamente annunciata ma che ieri ha mosso i primi passi. Primi passi col botto: sequestro della parte interessata dal guasto, nomina di un custode giudiziale nella figura del direttore dell’ente irriguo Diego Zurli, blitz negli uffici dell’invaso e in quelli dell’ente in via Ristoro ad Arezzo.L’intento degli inquirenti è chiaro: occorre rifarsi dall’inizio per capire cosa è successo il 29 dicembre scorso. Così gli agenti del Corpo Forestale hanno acquisito ogni tipo di documentazione, disegni, calcoli, progettazioni, fotografie risalenti agli anni Ottanta quando si lavorava alla realizzazione dell’opera. Prematuro avanzare ipotesi, ma una parte importante dell’indagine in corso sarà probabilmente dedicata alla qualità dei materiali utilizzati. In particolare si tratterà di verificare il tipo di calcestruzzo utilizzato. Dice un ex addetto ai lavori: «In quegli anni, a volte, la qualità non era eccelsa. Non mi riferisco alla diga di Montedoglio, ma parlo in generale. Invito ad esempio a vedere quanto è successo nel corso degli anni alle grandi opere realizzate con il calcestruzzo. Non c’è bisogno di andare lontano, basta fermarsi alla Orte-Ravenna». Insomma, è questo il primo dubbio da chiarire.
CHIAREZZA a trecentosessanta gradi reclamano i politici di entrambi gli schieramenti. In un’interrogazione in Regione, i consiglieri del Pdl Paolo Enrico Ammirati, Stefano Mugnai, Stefania Fuscagni, Andrea Agresti e Paolo Marcheschi chiedono di «capire nel dettaglio le cause dell’incidente». Secondo gli esponenti Pdl serve il «coinvolgimento diretto degli enti locali più prossimi nell’organo di gestione dell’invaso. Crediamo che i territori sui quali insistono realtà di questa natura e dimensione debbano avere voce in capitolo ed essere protagonisti».
Guai a sottovalutare ciò che è accaduto a Montedoglio, tuona Alfio Nicotra, capogruppo provinciale del Prc: «Siamo davanti — dice — a un cedimento strutturale di una parete in calcestruzzo non a un evento naturale o ad una fatalità. Nella mente dei più anziani si è riaffacciato l’incubo del Vajont. Chiediamo di individuare cause e responsabilità. Una commissione d’inchiesta promossa dai consigli regionali dell’Umbria e della Toscana è indispensabile anche per capire come mai lo scorso anno è avvenuto un altro incidente e i Comuni comunali interessati non sono stati informati».
ATTACCA la Regione il consigliere regionale aretino della Lega Nord Dario Locci, spalleggiato dal segretario toscano Morganti: «Cosa ha fatto la Regione in concreto da 20 anni a questa parte per mettere a conoscenza la popolazione valtiberina del piano di emergenza della diga di Montedoglio»?, si chiede Locci che ha presentato immediatamente un’interrogazione urgente a risposta orale in Regione . Insomma, l’impressione è che si continuerà a parlare ancora a lungo di una vicenda che ha scosso l’intera opinione pubblica. «Si è incrinato — ha detto non a caso il sindaco di Anghiari Danilo Bianchi — il meccanismo fiduciario fra le nostre popolazioni e la gestione della diga».
(La Nazione ) di SALVATORE MANNINO e SERGIO ROSSI
E’ il procuratore capo Carlo Maria Scipio il titolare dell’indagine , ampiamente annunciata ma che ieri ha mosso i primi passi. Primi passi col botto: sequestro della parte interessata dal guasto, nomina di un custode giudiziale nella figura del direttore dell’ente irriguo Diego Zurli, blitz negli uffici dell’invaso e in quelli dell’ente in via Ristoro ad Arezzo.L’intento degli inquirenti è chiaro: occorre rifarsi dall’inizio per capire cosa è successo il 29 dicembre scorso. Così gli agenti del Corpo Forestale hanno acquisito ogni tipo di documentazione, disegni, calcoli, progettazioni, fotografie risalenti agli anni Ottanta quando si lavorava alla realizzazione dell’opera. Prematuro avanzare ipotesi, ma una parte importante dell’indagine in corso sarà probabilmente dedicata alla qualità dei materiali utilizzati. In particolare si tratterà di verificare il tipo di calcestruzzo utilizzato. Dice un ex addetto ai lavori: «In quegli anni, a volte, la qualità non era eccelsa. Non mi riferisco alla diga di Montedoglio, ma parlo in generale. Invito ad esempio a vedere quanto è successo nel corso degli anni alle grandi opere realizzate con il calcestruzzo. Non c’è bisogno di andare lontano, basta fermarsi alla Orte-Ravenna». Insomma, è questo il primo dubbio da chiarire.
CHIAREZZA a trecentosessanta gradi reclamano i politici di entrambi gli schieramenti. In un’interrogazione in Regione, i consiglieri del Pdl Paolo Enrico Ammirati, Stefano Mugnai, Stefania Fuscagni, Andrea Agresti e Paolo Marcheschi chiedono di «capire nel dettaglio le cause dell’incidente». Secondo gli esponenti Pdl serve il «coinvolgimento diretto degli enti locali più prossimi nell’organo di gestione dell’invaso. Crediamo che i territori sui quali insistono realtà di questa natura e dimensione debbano avere voce in capitolo ed essere protagonisti».
Guai a sottovalutare ciò che è accaduto a Montedoglio, tuona Alfio Nicotra, capogruppo provinciale del Prc: «Siamo davanti — dice — a un cedimento strutturale di una parete in calcestruzzo non a un evento naturale o ad una fatalità. Nella mente dei più anziani si è riaffacciato l’incubo del Vajont. Chiediamo di individuare cause e responsabilità. Una commissione d’inchiesta promossa dai consigli regionali dell’Umbria e della Toscana è indispensabile anche per capire come mai lo scorso anno è avvenuto un altro incidente e i Comuni comunali interessati non sono stati informati».
ATTACCA la Regione il consigliere regionale aretino della Lega Nord Dario Locci, spalleggiato dal segretario toscano Morganti: «Cosa ha fatto la Regione in concreto da 20 anni a questa parte per mettere a conoscenza la popolazione valtiberina del piano di emergenza della diga di Montedoglio»?, si chiede Locci che ha presentato immediatamente un’interrogazione urgente a risposta orale in Regione . Insomma, l’impressione è che si continuerà a parlare ancora a lungo di una vicenda che ha scosso l’intera opinione pubblica. «Si è incrinato — ha detto non a caso il sindaco di Anghiari Danilo Bianchi — il meccanismo fiduciario fra le nostre popolazioni e la gestione della diga».
(La Nazione ) di SALVATORE MANNINO e SERGIO ROSSI
Nessun commento:
Posta un commento